La Cassazione [Cass. sent. n 13506/2015] ha detto che solo la legge può imporre trattamenti sanitari, mentre il giudice non può costringere i genitori – benché immaturi – a recarsi dallo psicologo per imparare a gestire i figli. E ciò anche se il loro comportamento conflittuale finisce per ledere i minori. Questo non toglie che il magistrato possa suggerire l’opportunità di un percorso guidato congiunto e/o individuale, ma nessuna sanzione può derivare dalla mancata ottemperanza all’indicazione del tribunale. La prescrizione ai genitori di sottoporsi ad un percorso psicoterapeutico individuale e a un percorso di sostegno alla genitorialità da seguire insieme – dice la Suprema Corte – è lesiva del diritto alla libertà personale garantito dalla Costituzione [art.32] che vieta l’imposizione, se non nei casi previsti dalla legge, di trattamenti sanitari. Nessuna norma, del resto, attribuisce al giudice il potere di vincolare gli ex coniugi a un tale trattamento, anche in presenza di una finalità nobile come quella di tutelare i figli dall’immaturità dei genitori.

La maturazione personale dei genitori non può che restare affidata ai genitori e al loro diritto di autodeterminazione. In definitiva il giudice non può obbligare i genitori immaturi, che litigano in continuazione, ad andare dallo psicologo per imparare a gestire i figli.

I giudici secondo cui la terapia di coppia è obbligatoria 

La tesi sposata dal tribunale di Roma – il più grande in Europa – ritiene possibile, per il giudice, prescrivere ai genitori divorziati la psicoterapia e un percorso di sostegno per fare il papà e la mamma [Trib. Roma, sent. n. 2083/2017, n. 25777/17, n. 13506/2015.. Ciò proprio nell’ottica di tutelare un interesse superiore rispetto a quello della libertà personale degli ex coniugi: la crescita del figlio minore. Secondo tale orientamento, quindi, il genitore che non si presenta alle sedute dallo psicologo può perdere l’affidamento del figlio: una sanzione particolarmente grave. Secondo il tribunale della Capitale – la cui tesi sempre essere condivisa anche da altri fori – la prescrizione del percorso presso lo specialista non costituisce una limitazione personale ma è funzionale allo stesso interesse del genitore quando la conflittualità della coppia nuoce ai figli.

Vediamo ora, secondo tale interpretazione, che succede se non si frequenta la terapia di coppia. Il tribunale di Roma precisa che non è possibile imporre fisicamente la presenza del genitore dallo psicologo (magari mediante una «coazione fisica» ossia un accompagnamento forzoso). La prescrizione del giudice è piuttosto un onere, una condizione per continuare ad avere l’affidamento condiviso del figlio. Sta al genitore affidatario scegliere il percorso più idoneo e i professionisti da consultare: è un’«opportunità di buona vita» e non una «limitazione della libertà». Il tribunale può delegare i servizi sociali a vigilare sull’osservanza dell’indicazione fornita dal magistrato e, in caso di disobbedienza, nei casi più gravi, se la coppia continua a litigare tanto da pregiudicare la crescita del bambino, è possibile disporre la decadenza dalla responsabilità genitoriale.

La prescrizione è finalizzata a favorire «le condizioni per una crescita per quanto possibile serena dei figli, scopo cui deve tendere una gestione matura e consapevole della responsabilità genitoriale, e deve essere letta dunque come uno strumento volto a offrire ai figli maggiori opportunità di “buona vita” nonostante la disgregazione del nucleo familiare di origine e della presidente conflittualità dei genitori».

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